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Full text of "Ifianassa e Melampo (Giovanni Andrea Moniglia)"

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DELLE 

ESIE 

DRAMATICHE 

D I 

ÌIOV ANN ANDREA 

M O N I G L I A 

ACCADEMICO DELLA CRUSCA 

FARTE PRIMA 
j A L SERENISSIMO 

PRINCIPE 

DI TOSCANA 




IN FIRENZE. MPOCCVilt. 



IFIANASSA 

E 

MELAMPO 

VRAM A MUSICALE 
RAPPRESENTATO 

NELLA VILLA 

D I 

PRATOLINO 



r 



ARGOMENTO. 



ftriofà , laonde il Padre promejfe a chi for- 
ma fufie di rtfanarla , la figliuola tu moglie, 
yi Regno in dote. Melammo , anche a' no- 
jlri Secoli celebre per virtù, feppe renderla-, 
alla primiera falute , facendoci Re d" Argo , 
e d Ifianajfa confort e . 

Ex Paufania Uh. t. 
1 Phianatfa Prati Rcg'w Argtvorum filia, 
J cuin ad Tunonis templum veniifet , De- 
am contumcliis affecit, formare fuam Dese 
pulchritudini prsefcrens , proindè à Junone 
in furorcm verfa eft , M ehm pus Amyn- 
ìjiaoois, & Dorippes filius furiis agitatam 
ptiti filiam , I pina nafta m nomine fallitati 
mentis reftituit , & comugem accepit , & 
Paris Regnimi . 

Qttejiù componimento Dramatico ehhe Po- 
pere di comparir fu le fcene nella Villa dì 
Trafilino em pompa eguale all'animo fonta- 
no iti Sereniamo Fri nei pe di Tofana mio 
Sigiare , che <ve lo fece rapprefentare , mercè 
della quale , e del ricco , e vago apparato, 
dell'eccellenza de'recttanti , e del composto- 
li MI* M«Jica } cbifu ti Stg. Giovanni Le- 




FIAKASSrf figliuola di Tre- 
I to Re degli Argivi ricufando 
di fiacri ficare a Giunone , im- 
I perocché di lei fi credeva piti 
' bella , divenne per fuo gafiigo 



gre»- 



4ì" 

grenvd maejl ro di Cappella di S. Mar 
Venezia , riportò quell'applaufo fublime 
ftr fé medejimo a gran dtjlanz,a non j 
tavit . 



PERSONAGGI. 

PRETO Re degli Argivi. 

I FI A NASSA Figliuola di Preto. 

ARBANTE Amico conridente di P 

ARGEA Damigella d' Irianafla. 

M ELAMPO Pallore. 

ARPALICO Bifolco di Melampo. 

MUTAZIONI DI SCEKA 

Campagna tra Argo, e Lircea, 
Sala nel Palalo della Villa Reale. 
Antro di Melampo. 



La Favola Jì rapprefenta nella Campa^ 
tra Argo t e Lircea . 



ATT 



437 
CO li 

lp^l§?i§5IKI§ll§?KSi§§i§5 



ATTO L 

SCENA PRIMA. 



«to Melammo. 

CAMPAGNA 



"V" 7" Oliimo Amor sì, ù iovra le Stelle, 
^ / Ardir così vuojle, 
Arrivili al Sole , 
▼ Al So) di Beltà. 
Or via , che fi ta ? 
Deh fpicga II- piume ; 
Se cieco lei tu , 
Affidali .ii lume 
Di chiaia Viriti , 

E cilca d'Oneiià le vie più belle. 
Voliamo Amor si, sì lb"ra le Stelle, 



SCENA SECONDA. 

Arfalico , Melammo, 

Arp. S~\ Mi (ero me ! 

Mei. I J Tu piangi ? perchè ? 

'Arp. Ancora no '1 fai.' 

La figlia del Re 

l'iù pizzi è che mai • 

T 3 Omi- 



feii 



43* atto Primo. 

O mi fero me.' 

Jlfc/. Ma che 'mporta a te? 

jfrf. La m'importa pur troppo , e tu ne ics, 
Tu folo la cagione , 
Che rifanar coite i 
V refumi , e giorno , e notte 
Or per valli ., or per grotte 
Mi fai volger foffopra , e truffi , e terra 
Cercando erbe, radici, e fiori } e foglie, 
E penfi averla in moglie , 
Ed'eucr d'Argo il Rege, allora quando 
(Come promette il bando) 
Efla per opra tua libera lia 
Dalla crudel pazzia . 

Mei. i Ond' i» tolga alla fuperba 
Donna rea l'alto furor, 
Strali d' oro , e forza d' erba 
Mi promette Apollo, e Amor. 

Jrf. i Tra me fteffo i conti ho fatto, 
Ch' a guarir l'altrui pazzia , 
Ci vuol un , che folo fia 
Più di tutti i matti matto . 

Tu mentre hai tal penderò , 
Certo fei del meftiero . 

Mei. i Come a fplendei torna il raggio, 
Ch' atra nube in Ciel coprì , 
Noftra mente far paflaggio 
Suol dall'ombre al chiaro dì . ' 

Ma tu che vai là dove il fenfo è duce, 
Sci cieco a tanta luce . 

Jtt*. ì Di pazzia vien predo il male , 
E al partir le gambe ha corte, 
Per gì" infermi di tal forte 
Tutto '1 Mondo è uno Spedale. 

Mei. Taci , e quanto ti dico 

Opra fedel ; Vanne fu Colle aprico, 

E d' Elleboro nero 

Svelti ogni piantale con la zappa palla 



SCENA SECONDA. 45$ 

All'ultime radici, e fin ch'io giunga 

Dal Sol difefa la frefc'erba amtnafls. 
/rp. E Tempre cosi 

Stentar doverò ? 

E chi inai trovò 

La perfida ufanza, 

La mala creanza 

Di lavorare , e chi 

Chi mai la trovò ? 
E fempre così 

Stentar deverò ? 
Hth Taci ,e parti indifereto. 
/rp. Ancor vuoi , eh' io ftia cheto? 
Me!. Così devi , e conviene, 
Arp. Come farebbe a dire ? 
ÌW. T'è fona l'ubbidire. Àt$. o bene, bene; 

Tal legge chi fa ? 
liei. La tua povertà . 

SCENA TERZA. 

Ar^fìUco . 

t y""^ nafee povero 

I . Nafte a patir , 

' Quefto che bagnami 
Caldo fudor, 
Solo guadagnami 
Vita , e dolor. 
Tene , tormenti , 
Pianti , e lamenti 
Nel fen ricovero . 

Chi nafee povero 
Nafee a patir . 
1 Morte atrocifiìm» 
E' fervitù ; 
Perchè non domini 
Sua libertà , 

T 4 L'Uff- 



o ATTO PRIMO. 

L' Uomo a^li altri Uomini 
Schiavo fi fa , 
E non s'avvede 
Che '1 Ciet eli diede 
Gemma nccnillìma i 
Motte atrocifluna 
E" fervitù. 



SCENA aU A R T A 



SALA NELLA VILLA REALE. 

"1 U preito ofeurifi 
\ L' infinito d'i , 



L' Inferno si i 

Ma contro chi ? . 

Contio di me. 
Cieli pCfchì 
Martir SÌ rio? ' 
Che v' ho fatt* io ? 



SCENA CLU I N T A 



Preto , Ifiamfia . 

Pre. ^-|-"»E'ldifIì ? m - tu n o ■ lc^ecJeft '^ or P i ■ 1,1 
Ma le lacrime tue partono ,o fig 
1 P.uton d-xl mio dolore , 
E in mez7.o agli occhi tuoi piange '1 mioci 

lfia. Di tanto ftrazio, 1 - 

Di tinto fcempio 

O furor empio 

Sarai pur fa /.io ? 
Tre. Tionca co' propri denti 

La Ikcri lega lingua, 



Ifianajfa . 




Opi 



§CENA QUINTA. 44.* 

O più non fcialg.i gli eiccrandi accenti. 
lj!a. Ingnillì Oeità , 

Dimni Giuno fuperba , 

Tartarei cruacltà . . 

Alma celefte a' danni mici rifeiba? 
Tre. Troppo ti fu clemente 

Del Tinnite la Spofa ; 

Il rendetti furiofa 

Fu lieve pena ai gran delitto ; E quali 
Fune mai l'agitatomi , 
Il fenno t' involarono ? 
Negare il cul'o l'Niiuii , e a loro eguali 
Chiedete i Voti , e i Tempi ? 
O Gcejerati , o empi 
Deliri! Giove ornai fulmini avventi, 
Rico le ceneri tue f< herjo de' venti. 
Jfa. Pad'e. di terra io fono, 
M i li fhmnu , eh' a«< iva 
Quena ipogiia mortai >3elc h Io e dono; 
Egli beik mi feo , nè può Giunone 
Punirmi con ragione. 
tre Mirerà , che dirai ? 
Forfè , figlia , non fai , 
Che '1 ben , che fi net ve 
Tutto agli Dei fi deve ? 
Vaghezza umana è un fiore, 
Che mentre naice , muoie i 
Ob-edienza , Um iliade;, 
Religione , Onell.ide 
Fregiano l'alme, e quelle 
Le pompe fon delia beiti. Leltile i 
Ifi.i. O cjual mi lacera , 
Qjtal mi dilania 
Fervida (mania ! 
Viepiù!, che Tantalo 
La lete ciuciami , 
Spume di Ceibero 
Lcco Tiftlone 



44i ATTO TERZO. 

Ch' a ber mi dà. 
llìit ( », Implacabili fenza ) ■ % 
Tré. az ( Numi adorabili tutti ) plCtà ' 
Ifia. E gloria , e premio 
Tre. E bufino, e fulmine 

, t 'si deve a me in ! ,occnte, 1 o Cieli, oCie 
Trf. ( a te inclemente) * 

I/*. Crudeli , Pre. Cortefi 

(D'ira ) accefi - 

tre. I D' amor ; 

Prc f Di grive delitto fei ) rcj 
jfi». f Di colpa leggiera fon J 
Tre { ~ ) Nume fovrano 

Ifi.,. ( ° lunon ; Iniqua Dea 
Tre, Adoreiò . 
Ifi*. Belkmmierò. 

SCENA SESTA. 

Treto . 



E 



Giulia ogni pena , 
Che feende dal Ciel ; 
Vaneggia chi dice 
ìfeli 



Languire infelice 
Per fdegno tiranno di ftella cnidel. 
1 gìufta ogni pena , 
Che feende dal Ciel, 

L'orgoglio fol de'noftri rei coftumi 
Incurva l'arco al faettar de'Nuini. 
a Su 1' Etra non regna 
Rigor, crudeltà i 
Chi crede delira , 
Ch'accendali d' ira 
Ter lieve fallire divina bontà. 

Sull' Etra non regna 
Rigor , crudeltà ; 
A viva forza s' a ferii fi muove 

Vm 



SCENA SETTIMA. 443 
L'umane colpe «man la delira a Giove. 



SCENA SETTIMA. 



lo qual'etade, , in quale 
Lido , c fatto quai china 
Portento nacque eguale 
A quello? e pure il faftenerdegg'iol 
Se non è nuovese raro il caio mio. 

Ardo per due fembianti, 
1 1' amorofo impero 
Dolce al pari , e fevero 
Provo , ne fa di Sor qual più, qua! meno 
Fiamma m'accenda m leno, e ftnnga nodo, 
I, con hitella fon» ,e penose godo, 
i A due fagni un falò ftralc , 

due forali a ut) fegno folo 
Vibra Amor , ed ainbo a volo 
Panno, o Dio, piaga mortale. 

a Per un falò in van prefamo, 
Chc'n me regni i;n fai defio,, 

1 5' Arbante è 1 foco mio , 

Per Me lampo mi confuino . Efj 




CAMPAGNA. 



1^ -TEI più lucido Cielo d' Amore 
pwj Doppio Sole: vedo tifolendere, 
-L ^ E di gemma face all' ardore 
Sempre più mi fento accendere. 




T 6 



SCB- 



444 ATTO PRIMO. 



SCENA OTTAVA. 

Ar pah co , Argeti t 

ARgea tanto penfofa > 
'^ei fi pur anco dell' iuVffb limo 
D'ave d vifo per due amanti ìlcoj 
Arg Divifo è i! core, e con egiui milura 
H i J i v 1(1 gli affetti , 
I: riporti in due petti . 
Arp. E con più v igo f.herzo 

Arriveranno al terzo. 
Arg. t Gemina Steli 1 

Piopi/ia , e chiara ■ C 

Mir indo vo ; 
ìjbtA ti ; piò bella, 
Quii fu più cara 
Ancor non fo. 
Jrp, t V yian bugia, 
Ch* A tariffe (ti a 
Dal capo in giù ; 
Alberga Amore 
Dil noftro core 
Due paliM in fu . 
Arg. ( he diti tu ? 

Arp. Due palmi n fu Un cafa il furbertrllo, 
E fe vuoi (ano il cor, fana il ccivcllo. 

Arg. A tanto periglio 

Configlio non giova, 

Sol crede chi prova; A 1 

Ma di Melampo? Arp. O bene. 

Arg. Vedetti Arbante? Arp. Vidi 

Ed ."Ubante, e Me lampa, Arg, Otefelii 

Se rimirar ti lice 

Con egu.il maraviglia 

Spuntar fu labri lor Rofa vermiglia, 

I Liguftri nel ien , l'Oro nel crine ; 

O km- 



SCENA OTTAVA. 44f 
O fembianze divine ; 
Scherzano a voi d' intorno 
E le grazie , e gli amori , 
E in mezzo a raggi , e fiori 
In voi ride immortai l'Aurora, e il giorno. 
Arp, Prima, che raffrenare 
La fua (tram follia , 
l'udibile fatta 

Sentir feftofl J' ogni fin ne in riva 
Cantare rimiti pelei al fuon di Piva. 

Giunge Melappi i Addio, 
Qui non e' è il conto imo. 

SCENA NONA. 

Melami") , Arpett. 

Utl T""V -E! Mondo , e del Cielo 
A>%, I 1 Per breve mi celo 
Mei. O gemini, e teforo 

Aeg. Da te mio ri doro, ( Argia , e Ideìxmpo 
Mei. Rei Nume di Delo {pxrUnj dt per !or>}, 
Arg. Da un petto di gelo (feaz.% eh: uno fai- 
Mei. T'in Inno, t'adoro, ( t .t l' alirj . 
Arg. Pietà non imploro. 
Mei. Tu reggi prudente; 
Arg. Scortele , inclemente 
Mei La mino , e la mente 
Arg, Miei preghi non lente, 
Mei. D' un'alma ledei . 
Ari. Melarono crudel . 
Mei. E pur le opre importuna 
Con affalti amoro» 

Fai guerra a'mieuripwfif Arg. Jo chiedo pae:. 
Usi. A propizia fortuna 

Stringi l i cliioma; Piace 
11 ruo volto ad Ar baine , 
Tu di lui vivi amante , 

6é*ji 



44* ATTO PRIMO. 

Congiunga alto Imeneo coppia sì beltà. 

Ed a me hfcià quelli 

Sorte , che '1 Cielo diede 

Dovuta all 'opre mie pcna,o mercede. 
Jlrg. E ver eh" Ai barite' io amo, 

Ma con ardenza pari 

Te pur. mia vita, bramo; 

Ed in bcltade, ed in virtù sì chiari; 

Portenti di natura 

L'occhio, ma più la mente 

Indi (ferenti al cor pefa , e mifura. 
Mei. Mi fera tu vaneggi ; 

Ma fe ti pofe Amore 

In equilibrio il core, 

Al mio (degnri, all'affetto 

D" A r baine entro al tuo petto 

S'al/.i la Libra; Ami chi lama Argca, 

E la Lance d'Amor governi Aitrca. | 
Ar^. Cos'i dunoue m'involi 

Anione Ye ; Mei. Furori mai fempre etra 

le rlelle degli amanti i 

A b. .marmi ti fpmge 

Fan tattico delio ; 

A torti l' amor mio 

Al'o genio m'aftnn^e . 
Jrg. E qua! fia faggiO.e giufto>Jtf , rf. Aprir tei vog 

D'ifianafl'a intorno al Ciel m'aggiro; 

Co'l rifanarla afpiro 
Alle Aie noize,e degli Argiv i al foglio. 
Arg. E quando , e come oimè, 
il tuo felino fvanì ? 

Presumi d'etter Re ? 
Md. Fqj fe sj , forfè si . 
Ar*. E chiami pazza me ? 
Mei. Certo sì , certo sì . 
Ar*. Torni ,deh torna in te. 
Mei. Sì beli' irdir correggi ? 
Ari. Mifcro t.i v.incg;ji . 

Me\ 



SCENA NO N"A . 4*? 
liei TDi languir per doppio amante 
Atg. Di bramir farfi. regruntc 
a ! Da pazzia tanto moietta 

Pcj finirti li Dio i' Amore 
fai Ti raddoppi in feno il core. 
jt rl . Ti richiami il fenno in tefta. 
Ms/. O ltm ita. Arg. Orgogliofo. 
m. Arbantc a te fu fpofo. 4r;, E (ter d'un iole 

Ben fo che devo , e '1 bramo ; 

Ma s' egualmente v' amo , 

Non polli) darmi a te , perdendo lui , 

tft te lafcnr , di lui per far acquifta » 

Ardo a due fochi , e non fo dir qual ha 

La vera fian in mia ; 

E per doppio teforo 

Ricca mi fingo, e mendicando moro. 
Mei. Quanto mi du»l di te ; 

Odiando faggiil farai ? Arg, Qnando tu Re . 

SCENA DECIMA. 

Melammo. 

*r\Ur fi partì : fu faggià 

Un te npo Argea,eJ .1 Tuo catto .ardore ' 
■* Fe giocoli lo il mio core i 
Ma poi, che volte il Cielo 
Moli unni com'egli % gran fabro } e' pwote 
Stringer 'entro uman velo 
L'opre più tulle al nottro guardo ignote. 
D' Ifianaffa il volto 

Nel vagheggiai di (si io, da qual furore 

tf'è rapita la mente , ove fon' io. 

Chi mi irafpoita, e dove ? un f;n o Amore 

Per te fapec mi fa , che Giove e bio. 

Egli è Dio , che fattura 

Tu fei di chi più vai, ch'Arte, c NituiJ. 

i II veder fempre indefcflb 

De'- 



'44!? ATTO PRIMO. 

Delle Sfere il bel 7aflìro, 

E del Sol l' immenfo giro 

Mi fublima da me fteilo: 

Ma viepiù m'inalzo, quando 

11 tuo volto contempi indo 

Ceicq come il Citi di (e 

11 più bel ripofe.in te . 

i Circo già di brine, e gelo 

Nel mirar di fiori , e foglie 

JU ve/tufi andò fido , 

La (Inprir da me mi toglie; 

Ma di qifcfte alte vicende 

L'alma mia meno comprende, 

Con e Aprii s' impoveiì 

Di fue pompe , e te anicchì. 



SCENA UNDECIMA, 



Ma caro al filo bene 
Languir fenvpre in pene 
E' troppa imp.età . 
3, Bel volto adorato 
Vedere fdegnato 
E giudo martir , 
Ma dolce, e clemente, 
E viver dolente 
E' più che morir . 



/ubante . 




Ormento infinito 
Amor non gradito 
All' alme li fa , 




SCE 



SCENA DUODECIMA. 44? 



SCENA DUODECIMA . 
Melammo , Arhttnte. 

Mil T\ Ur 11 rivedo Arbante; 

IJ Per qua i ddio fuor del re.il foggiomo 
A oltte I' tifato tuo muovi le piante ì 

M. A quell'alberghi mi rivolge intorno 

Brama di rimirarti.,. Mil. }o me '1 credei, 
Brama é ÙmW. MpUmpo, e Argea. 

/ri. lo non te'l nego , è prefo 
Il mio cor da coftei , 
E/1 nodo fuo sì dolce a me s'è refo,_ 
Che Te fuor re il potette, io noi vorrei. 

Mei. Come a te difiì , ancora^ 

Argea Infinga t'renetia (I flrana 

D'amar. Mehinpo , e interne Arbante adora. 

10 per renderle vana 

la fui m.il nata fperoe , a lei do fc^n» 
Di difprev.zo, e di fdegao. . 

Arh. Da gelofo lofpetto 
A file u ri il mio feno j 
L'arnicifia , e l'affetto 
in te non venga meno ; 
Nella tenera' età nacque con noi, 
E fu nudrita poi dentro le fcuolc 
Del Tettalo Chirone; or dunq.ie da 
Sempre unita alla tu i l'anima mia. 

liei Tra l' limane vicende 

N:l cangiar forte , o Cielo 
Egerie. da me ftefló non mi rende 

11 volgei d'anni, t'I variar di pelo. 
Nell'Antro, .ilnu. palertra. 

Ove ne fu la venia maeltra, 
Infieme le beli' arti 
Appendemmo ; o loggiorni 
felici , ore beate , o lieti giorni 

Ove 



4*© ATTO PRIMO. 

Ove n' antiarte? Te dentro la Reggia 

Truffe fpirto guerrier, genio ambmofo; 

Di belli povertà me fol bramofo 

In vi! capanna , e a pafcolar la greggia, 

Ma che ' poco cortame 

Prov.ii fortuna; Vidi 

Ifian.ifla, e ne divenni amante, 

Sovra fìranieri lidi 

All'infimi della più baffo SteHa, 

Per rifanar la bella , 

Erbe cercando or all'eftiva arfura, 

Indi all'aria gelata avvampo, e tremo, 

Adorate fatiche io per voi fpeio 

Co) porti fio dì lei d'Argo P Impero, 
■4rh. i Spera, o faggio; A tua virtù 

Ove nafee , e muore il dì 

Spanda ornai la fama sì , 

Ch'egual premio un Regno fu. 

Così fperaflì anch'io, 

Che fufìe a! cor d' Argca caro il cor ah', 
JWW. % Spera , o forte ; In gran beltà 

Rado, o mai dura il rigor , 

Suoi trofei nferba Amor 

Alla pura fedeltà. 
■drb. Amico, alle tue voglie 

Il Cielo arride. Mei, E come? Arb, Inanafl 

Verfò noi il parto feioglie , 

Ed in quel tempo appunto 

< he Cuoi del giorno in foli far ia quiete 

F.-rtir de' fiioi furor l'ore più liete. 
Mei. Nel rimirarla, o quinto 

Appngo l'occhio , e do totmento al core! 

Oii il di Sino al calore 

Di fete avvampa il Paftorello , e vede 

Sulla cima del Monte 

Sgorgar limpido fonte, 

Firtb il guaido v'immerge, ma no! tocca 

Coli' anelante bocca, 

E dal- 



SCENA DICTWATER2A. 4^ 
E dall' acque forgenti 
Porta all'arido fen f-iville ardenti. 

SCENA DECIMATERZA . 
Ifianajfa , Melampo , Arbantt, 

i n E i Cieli , c gli AbiiG 

^ Non hanno preiuli 
I legni al mio male r 

Tormento immortale 

E' fon.a (offrir , 

E' forza , che fia 

Mia vita 

Infinita , 

Eterno il marti r. 
Usi. Su i labri al imo benfr 

Lamentali Amor, 

In mew.o alle pene 

E" bello il dolor. 
Ifi», i Per dove m' aggiro* 

Le furie rimiro i 

Il piede, e '1 pen lieto 

Non trovon fentiero». 

Che feorga al gioir . 
E' forza fotTrir. 

E' forza , che fu 

Mia vita 

Infimi» , 

Eterno il martir. 
Jhh. Rompimi gl'indugi ; A te d'intorno fpi 

Zefiro, e rida il prato; 

Augurio fortunato . 

Prend 1 , mentre ti moltro 

V Efcuhpio gentil- dei ("ecol nollro . 
Ijfi. O d'Apollo inclito figlio, 

Qual periglio ti fovraiti, 

Se non baila a farti eterno 

Dal» 



4¥» ATTO PRIMO. 

Dall' Inferno a nuove vite 

E ichianai l'alme 'nutrite? 
Jlrh. Colli niente turbata, ode, e rifponde, 

i titl vero Ffrulapio 

la Ihage più l'ingombra, e la confonde. 
Mei. Per rifiinarti , o belli , 

Farò bensì , ch'amhiziofe l'erbe 

Stillino a tuo favore 

Sai un fero muore ; 

Già le foghe fuperbe 

Farmi veder che fpieghi 

Il Dittamo odorofo , 

E che fui colle erbofo 

La vi tal Panacea la fronte pieghi. 

Al fovrano ardimento, al fanto '/.eia 

I.'aflìftenza maggior feenda dal Cielo. 
lfit. i Deh fuggi miferò, 

Giove ti fulmina , 

La morte è premio 

Di tua Virtù . 

Mei 

ai Infelice Donzellai 

Ifit. i Aide ncll' Etera 

Sdegno Tartareo , - 

Troppo l' Invidiar, 

Regna lafsù . 
Mei. Che parli tu ? 
ìfit. La morte c premio 

Di tua Virtù . 
Jlrh. Taci , non più . 
Jjfi Tirippo 1' Invidia 

Regna lafsù . 
Arh Lafcia l' ingiurie . 
Mei. Tempra le furie. 
Ijia. Sovra le nude arene 

Il faggio figlio ove trafìtto giace 

Fal'ido Febo a lagrimar fen viene. 

Vedete come 

Cifl- 



SCENA DECIMATERZÀ. 45$ 
Cinte le chiome 
Di funeral OprefTo 

Starili le Mufe al fuo Signore appreffò. 
Ari. O Defhno fé timo contralti , 
Mei. O Fortuna fé unto ti fdegni , 
Arb. Diniiiii ingrato a the giov.1110 i fafti ? 
M?!. Dimmi infida a che fervono 1 Regni? 
IJìa. D' Aonie Gstere 

Le corde flebili 

Son mute al canto, 

Suonano al pianto 

Del nullo Re . 

Piangete amoiofi , 

Stridete fdegtiofi 

O cari 400 me . 
Ile!, E ftnda , e lagrime 

Sparger conviene. 

jffb 

AW ai Chi non pianga alle tue pene 

Jbi non fa che fia dolore. 
Hit. Ò nd petto non ha core. 
Arb. Si pianga . 
Mrf. Si ftuda. 
Ijij. Che piangere ? 
Fonò frangere 

A Giove l'arco, c tor fulmine, e tuono. 
Che Irridere? 
Pw'ò dividere 

Con Giuno altera la belletta , e'1 trono; 
Già >erfo il polo 
Dispiego il volo, 
E full' Eterea tirile 

Corro per fempre ad celi (Tare il Sole. 
Arb. Da periglio imminente 
OnJe le porgi feltri pò 
Seco pwto veloce i Addio Mtlampo, 



SCB 



4J4 ATTO PRIMO. 

scena decimaquarta; 

i r\Ir fanar l'alta follia _ 

Stanno ognor nnej fputi intenti, 
JL Ma non (a 1" anima mia 
Se confidi, o fc paventi, 
i Dammi , o Nume autor del giorno 
Contro morte alma virtoria , 
E nfplenda d'ogn' intorno 
Mia l'imprcfa, e tua la gloria. 

F IN£ DELL' ATTO FRIMO. 




a&Ssse SS «Mg 
aelsse es 




ATTO 



4fì 



ATTO IL 

SCENA PRIMA, 
Freto , 

SALA NELLA VILLA REALE. 

FAn guerra al mio petta 
Lo fdecnp, e l'affetto , 
li chi b difende 
Dal ngi io aflalto ? 
li cor benché (imito 
Si piega , s' arrende* 
E vinto cedè 

Amor di P.idre.e Maeftà di Re. 

i All'ire divine 

Già fciìto fu! crine , 

Che l'aureo Diadema 

Mi pefa , mi trema ; 

Ógrt' umana grandezza 

Se non l'è bile il CicI , cade, e fi fpczza* 
^ O figlia adorata 
Da Furie agitati 
Qualoi ti difeerno , 
Ho in feno l' Inferno, 
Quindi & for7 i the fia 
Congiunta al fallo UJ la colpa mia. 
Sì, si fon reo, l'acerba 

Pena , 



ATTO SECONDO. 

Pena , eh' io provo, giunge 

Perchè d'amor, e di pietà mi punge 

la nemica del Ciel Donna fuperba. 

Se gtadirh non deggio , 

Odiala, o Dio, non poflb; Aperto veggw 

11 precipizio , e nel ceicar lo fcampo 

Tiìi me gli appieno, e mortalmente inciamfo 

Se ti fprona alto furor 
Dove corri ? Tu noi fai , 
Tu noi vedi , a cader vai , 
Ferma il corfo incauto cor. 
Ma dentro al fé no 
Importi freno 
L chi potrà ? . 
Vera umiltà . 

Vera umiltà deli sì rendi quell'alma, 
Qual gloriofa Palma, 
Che quanto più s'opprime, al/.a più belle 
L'altere fronde a vagheggiar le Stelle. 

SGENA SECONDA. 

Arhante y Vreto . 

Afh, /-*v Cieli egli è pur elfo: 

I 1 Porta nel volto imprelfo 

* — * \\ fuo trafitto core. 

Mi fero Genitore, 

Infelice Regnante 

Come ti veggio? ?re. Arbante 

Ja f imoongo, e ti prego - 
jfrb. Comanda , o Sire. tre. 11 repugnar ti neg 
4rh. A i faggi imperi tooj 

P delitto l'opporfi. Prc. Attendi; Jovogl 

Con povera Capanna 

Cambiar 1' Argivo foglio , 

Lo Scettro in umi! Canna. 
Ari. Mio Re.che diiiì £ re }o diffi male ; Jo Mg 

De- 



SCEMA SECONDA. 4)7 

Deporre il grave incarco 

D'un deploiabil Regno, 

Dei Citi tornii allo fdeguo, 

!d in felva romita 

Per quinto a' Numi piace 

Volger la guerra in pace , 

Il penare m gioir, la morte in vita. 
Jrb. Magnanima coftanxa 

Dunque cos'i Pre. Non più; contraili in vari* 

Con ragioni , c preghiere ; 

Col ferino, e colla mano 

Fin ch'io ritorni, di me in vece reggi 

La mia figlia, il 11110 impero, 

E pietofò , c /evero 

It giufto premia, ed li falìir correggi. 
Ara. Lagninoli portenti ! Vre. Amico taci ; 

Così difpone il Ciel, così vogl'io; 

Saggio (e squamo fido. Aro, Odimi, tre. Addio, 



SCENA TERZA. 



t He Tempre labile 

f E* il ben quaggiù , 
Che mai durabile 

Piacer non fu, 

Con fue Urine vicende 

Dice il Mondo ad ognor, ma non s'intende. 

1 Quanto più fpirano 

Aure d' Amor , 
I. Viepiù s'adirano 

Moi te , e dolor ; 
u la fu a mentita fede 

Molha il Mondo ad ognor , ma non fi redo. 



Arò ani e . 




1 



iT» fi, 




45* ATTO SECONDO. 



SCENA CLU A R T A. 

lfianaffa . 
CAMPAGNA. 

i ^ Ento forprendere 

Da immenfo giubilo 
* L' anima in fen ; 
Nel Citi già nubilo 
Vedo nfplendere 
Almo feren , 

ì Da quel ch'avvinfemi 

Lieta difciolgomi 

Atro dolor , 

Da ! lacci tolgomi, 

Onde sì ftrinlemi 

Empio furor. 

Argea, Argca clic fai? 

Sì veloce ove vai ? 

SCENA QJJINTA. 

Argea j lfianaffa . 

Signora , e come in quefte 
Solitarie foreite ì 
Sovra foglio reale 
Più fi feorge il mio male ; 
Di felva entro le fronde 
Il mio duol più s' afeondei 
E mi difende più che retto <T oro 
Da'f'ulmini del Cicl Faggio, ed Alloro; 
Ma tu eh' a me sì cara 
Un tempo fufti , e meco 
Lieta viverti entro la Reggia Argiva, 
Come in orrido fpeco 

St 



SCENA QUINTA. 459 

Su fconofciuta riva 

A me vivi lontana, a me , che fai 

Quanto t'amo, ed amai? 
Jr%. Ad albergò felvaggio 

Vaga di libertà, più che di farti 

Mi piacque il far paflaggio . 

Libero da' contraili 

Qui di vanaambiiionvifTe il mio core, 

Ma non dall'ira del fuperto Amore. 
Jfa. Oggi deh fa ritorno 

Al mio real foggioriio . 

Vieni amica, e tu (bla 

M'affida , e mi con fola. 
Arg. Vanne, io vengo, e con te 

Si muove il core , e '1 pie . 
I/a. Sia comune tra noi 
Arg.* 1 Il penare, e '1 diletto. 
Afg.]o ti legna, jjià. Jo t'afpetto, 

SCENA SESTA 

Argea . 

PT£r tiranno decreto d' Amor 
Il mio cor ad un'arida paglia 
S'agguaglia, 
Di due fiamme nel mezzo all' ardor. 

SCENA SETTIMA. 

Arhantc , Melawpo , Argea. 

ili, l"\Ut fi trovò. Mei. OflgrviarnQ 

f-' Quanto tra fe favella. 
At$. *■ 1 Se dall'una ove avvampa 
Si fugge, 

Entro di 1' altra più inciampa, 
E fi ftrugge . 

V 1 Ah. 



4«» ATTO SECONDO. 

jrb. Nè mai cangia penfiero. 

Alci- E {empie più delira. 

Jrg. i Sano un male ch'offende il feno, 

Ed un'altro fi rende maggiori 

Per tiranno decreto d'Amor 

Il mio cor ad un'arida paglia 

S'agguaglia 

Di due fiamme nel mezzo all'ardor. 
Mei. Jo godo al tuo contento . 
jrg. E' grave il mio martir. 
jrb. Jo piango al tuo tormento, 
Jrg. E' doppio il mio gioir , 

Ogni affanno da me lungi fe'n voli, 

Nel mio Cielo d'Amor fplendon due Soli, 
itti. Occhio cerviero 

Macchie nel Sol trovò , 

Or dinne il vero , 

Qual ti fembra più chiaro? Arg.O Dio non foi 

Non fo mirando quello 

DiT è di te più bello ; 

Ne poCfo, in guardar te, tanto m'appago. 

Dir , fei di lui racn vago. 

Mcl ; ai]o non fo fe tu fia 

Ari. 

Afe/. O una faggia delirante. 
Jrb. O una pazzi troppo amante . 
Jrg. i Dillo tu ; di lete ardenti 

Son miei labri , e a due torrenti 

Il dello 

Volgo anelante ; 

Che fon' io? 
Mei. Uni faggia delirante. 
Jrg. i Dillo tu ; vivo bramofa 

Di bei fiori , e a Giglio , e Rofa 

Il delio 

Volgo anelante ; 
Che fon' io ? 
Afh, Una pazza troppo amante . 

4$ 



SCENA SETTIMA. 4«i 
Arg. 5iamo amanti tutti tre , 

Amo Arbante, egli ama me; 

E Melampo mentre adoro, 

Al Aio fdegno manco, c moro» 

Egli pur brama beiti , 

Che negindogli pietà 

Non conofee Amor, e Fe. 

blimo amanti tutti tre . 

-j" m Amanti (Venturati. 

Senza trovar conforto. 
Arg. Nel mar d' Amor moftra la fpeme il porto 
Chi d' Amor non vuol perire 
Naufragando in alto mare, 
Non prefuma navigate 
Sènza fpeme, e fen/.a ardire. 

SCENA OTTAVA. 

Arhante , Mi lampo . 



m. 



F Usici? baleno , ? r - 
Fallace feren. Ia f P eme fi fl - 
Ma fenza fpc.ne Amor, e che farà? 
Arb. Sereno fai lace » 
Uà. Baleno fugace . 

SCENA NONA. 

Arpaltca . 

ME lampo a più non portò f trova 
Cammina verfo l'antro, e fe non 
Ch' io vi (la , fento addo fio 
Diluviarmi mazzate , e non mi giova 
Snifi , o preghiera ; e col Itudiare impara 
Ad eflec più capone , 
A non aver creanza, e diferìzione. 

V j L'ar- 



4 ff» ATTO SECONDO. 

L" arrogatila 
E' ignoranza . 

Gran prudenza, 
Vera fcienza 
L' Uomo apprende , 
Se coitefe , e umil fi rende. 

SCENA DECIMA. 

Melammo . 

ANTRO , OVE ME LAMPO RITIRASI 
PER I SUOI STUDI . 

GRazie a te Nume di Cinto, 
Ho Tinto, ho vinto; E irradi 
Contro forti mortale 
Dalle fante erbe tue fugo vitale. 
Qui fi vtiit Melctmpo cavar r dulia bùccia UH 
liquore , e porlo in u» vafo . 

SCENA UNDECIMA. 

Melammo, Arpalico in diparte, 

* Od i mio cor sì , sì : 

f -w* I tuoi contenti avanzano 
VJ l c fltlle , che s' afeondono , 

E ì tai che fi diffondono 

All' apparir del dì i 
Godi mio cor sì , sì. 
Arp. Brilla per allegrezza, 
Mei. i Più non temer nò, nò; 

Non tanti a! raggio tepido 

D'Aprii prati verdeggiano, 

Me in mar tant' acque ondeggiano, 

Quant' io dolcezze avrò ; 

Più non temei nò, nò. 

Jrf. 



SCENA UNDECIMA. 4<f 
Jrp. Mctampo hai buone nuove . 

Perchè tanto feftofo? 
He!. Volando a (coffe l'indovino Pico 

Cantò fui niente aprico : 

Jo i* in teli . Arp. Che difle? 
Mei. Mi difle , eh'ei fu Re, 

Ed it regnare a me lieto predilla, 
Arf. Tu che 'ntcnder pretendi 

Degli uccelli il linguaggio , 

Dimmi s' ancora intendi 

I Rufi«nol di Maggio. 
Mei, La cornice a man deftr» 

Neil' augurar maeftra 

Vids di riva in riva 

Pattar narrando 1 mici 

Fortunati Imenei . 
Arp. Con chi? con chi?' Md. Colla Regina Argiva» 
Arp, E" dover , che la Cornacchia 

Dia l'augurio ai prender moglie, 

S'ogni Spofa che fi toglie, 

Quanto lei ftrepita , e gracchia. 
Mtl. Non più fi tardi ; Vanne 

Aita vicina villa, ove foggiorna 

Preto il noftro Signure; 

Arcante trova , e alla leal Donzella 

Porga in bevada ^>&.Che?MW. L'almo liquore, 

Melampo tt-ì ad Arp ttl ha il V afe Sto . 

Che qui chtufo rimiti . Arp. E poi che fia? 
Me iRifanerl la bella , 

La cara Donna mia , 
Arp. Prima eh* a quella volta 

Jo m' incammini; Afcolta , 

Bevine ut) forfo , e prova 

S' a quello male ei giova . 
Me!. Vanne pur , ch'io m'afpctto 

Felice avvenimento; e Spofa, c foglio 

A me promeflò avea 

Fin donde al mio n.ital regia fortuna 

V 4 Col- 



4 <4 ATTO SECONDO. 
Coli' Orofcopo fuo portò la Luna 
Giove congiunto all' amorofa Dea. 

SCENA DECI M ASECONDA. 

Affali co . 

S E Melampo ila ftolro , ovver fìa faggio 
Nel penfar mi confondo , e sbalotdifco; 
Yant' e non la capifco . 
x Son nel Mondo certi Matti , 
Che fi ftimon tutti Dotti , 
E fi trovon certi Dotti , 
Che fon più che mezzi Matti . # 
! Se Melampo , o Vìzio , o Savio 
Ch 1 egli fia , fa Savio un Pazzo , 
Ri nfav ir vedendo lui Pazzo 
Impazzir vuol più d' un Savio. 

SCENA DECIMATERZA . 
Treto . 

i \ Ntri quieti, muti orrori, 
t\ Sacre fclve, ombre romite, 
J. \. Lieto albergo a i metti cori 
Il mio duol pietolì udite, 
E tra voi non feorta rio , 
Che non pianga al pianto mio 5 
x Al tetior de' miei tormenti 
Tortore! la i fuoi raddoppi, 
Ed al fuo'n de' miei lamenti 
Filomela il canto accoppi , 
E tra fronde aura non fpi rl >. 
Ch' al mio pianto non fofpiri . 

Ma S'a forza d'affanni io no vaneggio, 
Sparfi d' intorno veggio 
Gh Oracoli di Delfo i Alte Figure , 

Gero- 



SCENA PECIMATERZA. 4*f 
Geroglifici immeniì , 
Caratteri divini ; 
Preto che fai ? che pcnfi ? 
Tta felvaggi confini 
Xa Sapienza alberga; A intender Giove 
Aura divina muove 

L'alme innocenti , e a fui s'alzati più pure 
Quanto men gravi dell' umane cure . 
Leg. tt Saggio fari chi intende 
„ Ver bontX di Natura , 

Ma del Cielo, e dell' Arte i pregi ofcurt 
,, Chi fol dall' A'te ogni papere attende. 
Pur troppo è ver,pur troppo il provo,c pungo: 
L'Ubiti fen?.a Nume è un ombra ; oltre raifut» 
EelTè noftia figura, 
Ma fé Prometeo non l'avviva, è fingo. 
Leg. „ Vien A» dove ogni bene , 
„ Sol chi lo ttme , ed ttm* 
ti 0;m gran forta , o?ni beli' arte ottiene . 
E che più cerco ? figlia 
Come da quefte fcuòle ad L-iTer faggia 
Non apprenderti , ad efTer faggia , e fanta. ? 
Che faggia mai non fia , 
Mente che non è pia . 
O foggiorno beato 
Di sì lucido ferino ! 
Qui delle coke a imi, del mio fallire 
Vergognofo . ed opprdTo 
Anco ignòto i uè lleffo 
Vivrò fin chi ti piace 
Il darmi guerra ,o tra gli Elifi paC€. 

Antri logli eterni 
Da i rai del >o\ , 
Fin che '1 Ciel vuol 
Sepolto in voi tetietemu 
Antri toglietemi 
Da i rai del Sol , 



SCE- 



ATTO SECONDO, 



SCENA DECIMAQUARTA. 

Afhante . 
SALA NELLA VILLA REALE. 

x w— ^ Eh porgimi pace fortuna incollante 
I Nó più tata guerra ad un feno in felli! 
JL-A De h placati cnida,s'a un cor fidoamàt 
Da te dolce tregua fperare non lice . 
x Sì quietati infida ; per breve momento 
Tua bai bara rota non volga i miei affanni 
Gortefe mi porti fugace contento, 
Poi fempte tiranna s'inchiodi a'mieì danni 

SCENA DECIMAQUINTA . 
Atfaltco, Arbante. 

E 1 La Corte un labe rimo 
Al di fuora vago, e bello, 
Ma chi dentro un dì v'è fpinto 
Per nfcu perde il cervello. 
Jrb. Arpalico che fai ? 
jtrp. A tempo ti trovai . 
Arb. Melampo mio dov' è ? 
Arp. Egli mi manda a te. 
Jrb, Per quali affari? Arp. Oggi moftrar ptetend 
Opre più che ftupende. 
Con queita medicina , 
Ch' a ber vuol che tu dia 
Alla figlia del Re ratto m'invia. 
tHrh. Melampo è grato a' Numi, 
Sua vii tute è divina, 
Ogni forte felice 
Da lui fperai ne lice. 

6C£« 



SCENA DECIMASFSTA . t,6j 



SCENA DECIM ASESTA. 

Tfwnajiu , Argea , Arbante } Arfalico . 

Ijix, t ■ ™y I fcr irò 

t Ifiamjfa v* alla vita d' Arpalict eoo 
un dardo alla mano.. 
Arp. Per gr.t7.ia nò 
ìfx, Tiranna D^-a 
Arp. scampami Argea; 

Soccorfo Arbante. 
ìjU, Del gran Tonante 

Sorella , e Spofa . 
Arh. Non si fdegnofa , 

Non tanto orgoglio, i 
Jjfo, Ferir la voglio. , , 

Arh. Petto immortale 

Non teme ttrale . 
IS.t l icomede sì , sì 

Venere pur ferì , 

Non è vero? Arp. Nolfo. 
§fc Ti ferirò 
jrp. Per gmia nò . 

ìU Gran figlia di Saturno. Arp. Jo nS fon quella, 

gj&; Di me non fei più bella . 

jrp. Sicuro , fiairiflìmo, Ifiit. Perchè 

Tarn' ira conno me ? 
Art. ]o ftizzito ? Oibò . 
jpi, Ti ferirò, 
jfcf. Per grazia nò . 

Arg. Non temer, Arh. J t'affido. Ifia. Orsù yelocì 

Amici a viva forza 

Se gli tronchi la tefla. 
Arp. La tovina rinforza . 
ìf», Nò , nò , che non e quella 

La fronte di Giunone. 
4®. Pam mia, diferizione. 

V 6 Arg, 



4< ;8 ATTO SECONDO. 

Ar? Non paventate fciocco. 

jtr}'. o ben , tu fai h brava , ed io ne tocco. 

Ijii. Arbante olà , che fai ? 

Arb Son pet fervuti . Ifi*. EtW V 

Quella Giuno non è. Arp. Signota Sì, 

Cetto ch'io non fon quella. 
If,a. Ma come, o Ciel , come guingeft. qui? 
j rf MeUmpo m'ha mandato. tj>« O poverelli, 

Infelice! fu prefto Argea, non vedi 

Sovra la Greca riva 

La Coppieri di Giove? Arp. O queftì belli 
lfia. Non vedi , appunto arriva . 
Arg. Secondiamo 1' umore , 

Onde più non s'accenda il luo furore. 
Jrb. Ebe certo tu fei . 
Arp. O garbato , o gitbato , 

Anch' Atbante è impanato. 
ljia. ft.i] Ciclo difctcciata. 

Vergognosa , Celata 

Sono povere vedi . 

Pur in Argog ungefti. Arp. Jo fuggir vogli 
jfrfc Fermati Ò ihano imbroglio ! 

#*. Argea Ai prefto , prendi , e manto, e goafij 

E di ponile reali 

Si ricopra .s'adorni. Io non fon Donni 
Ifi*. Sei Donna sì , sì . 
Sei Ebe . Arp. Oibò 

Son 'un bifolco, Ifi*. Menti. ^'N 6, nò, ni 

vfrp. Siam tutti matti , fe la và così. 
Jjfrf. Sei Donna sì , sì 
Le Damigelle <V Ifiattajfa partono vtjit , e manti, 
evéono Af pulirò da Donna , acconciandogli l*t$k 
Che più ii tarda? Arg. Ecco le velli. ^frp.Ova 
Non ci facciamo l'eorgere . 
Arg. Porgimi il braccio lfia.it non lo V noi porge» 

Se le fvella dal bullo. 
Arp. Oprate a volito gulto. 



SCENA DECIMA.SESTA. 

Jo mi Tento feoppiarc. 
jt'h. Lafcia far , lafcia fare . 
Jrp. H Lupo ti divori. Ifì.i. O ben;, o bene, 
Asp. O nule, o male. Iji-t- Stringi , 

Stringi forte in cintura. 
Jrp Non pollo ritmare. 
A'ó Lafcia far, lafcia (are. 
#i, Qt^iaiUo bella ti vedo. 
Arp Ch io arrabbi, (e lo credo. 
Arh Oquantobno Arg Quanta vaghezza arrechi! 
A'p. Voi fete pazzi , o cwchi . 
Ijfo. Trecce d'o;o, d'Qgn'éro più fine, 

D'ogni Lue pui lucide, e vaglici 

Ma che difs' io ? Voi fete 

La chioma di fortuna; Jo già t'afferro: 

Per te l'Inferno atteno. 4*t- Oline, oitnè! 

Perchì , fermi , perchè 

La cotenna sb.irb.ire ? 
Ari. Lafcia far, lafcia fire. 
jfr-p. Ti lecchi gli occhi un'Orfo. 
Ijii. Chi mi reca foccorfo ? 
Ebe de porgimi 

Arabrofia , e Nettare ; 

Di fete orribile 

Spegni 1' ardor . 
Ari, D'acqua gelata , C pura 

Porta gran tasta ; fuole allor che fmorza 

Della fete l' arfura, 

Alle fune J;l fen domar la fona. 
Ifrf. O quale ft ruggenti 

Ineftinguibile 

Ira , furor ! 

Ebe deh porgimi 

Ambrofia , e Ne tiare , 

Di fete orribile 

Spegni 1' ardor. 
Arg Tormentata Donzella! 
Arp. Mentre da ber le porta 

Me 



47" ATTO SECONDO. 

Me ne voglio fuggir per la più corta. 
Le Damigelle d' ifianafta portano 
tazze pene d' acqua . 
Jfia. Del motor delle Sfere 
Porgimi tu da bere 
Viga Coppicra , verfa a farmi eterna, 
Verf.i l'almo liquore , 
E fìa: riftoro al labro, e vita al core. 
Srl. Prefio Arpalico, prefto 

Obedifci a Melampo. Arp. Il modo èqudo 
Arpalico ver fa nella tazza il liquore , 
che gli ha dato Melampo . 
Quei che nel vafo chiufe 
Con l'acqua mefeolando fughi d'erbe 
In dovuta milttra 

Le farò tracannare, o gran ventura! 

Bevi , Signora , bevi ; 

Bevi , buon prò , buon prò . 
Jfia. Nò , nò , nò , nò , 

Bevi tu prima Argea ; fé gli e veleno, 

Scenda anco nel tuo feno ; e ftretta iìa 

Infiemc con la tua la morte mia. 
Arp. Il negozio ti turba i 

Queft' è una matta furba . 
Arg. Pronta ti fervo. Ari. Non t'annidi in pct 

Un sì vano fof petto. 
Jfia. Or non fi tardi più i Tazza gemmata 

Colma , e qual gii ita Già ve 

La bevanda mi porgi . Arp. Ora t'aggiuft 
Ari. Che fventura! Arp, Che guito .' 
Arg. Forfè fia che fi quieti . 
Arp. L'una, e l'altra ha ingollato 

la medicina di Melampo; fono 

Tutte due pazze , fe'l rimedio vale, 

Non averan più male , 

E fc crepano mfieme, 

Della pazzia non fpegneraffi il feme . 
Wih O qual m' i uonda , 

O quii 



SCENA DECIMASE3TA. *T» 

qual m'abbonda 
Dolcezza in fen ! 

Arg Nell'alma fento 

Nuovo contento , 

Che dolce vien . 
lfa. Seguimi Argea. Arp. Mai pià 

Che ti partin di quà. 

ai Chi fa., Cicli chi fa 

Arg. 

Che non abbia di me j Jpietì 

Chi fa, Cieli chi fa? 
Arp. Arbante or or mi fpoglioj 
Arb. Nò , nò, Arp. Si , sì Arb. Conviene 

Obedir. Arp, S'obedifca. A>b. O biiv;, o bene 
Arp. O male, ornale, Arb, Fin ch'a te non torno, > 

À quelle ftanze ti raggira intorno. 

SCENA DECIMASE TTlMA. 

Arfaìico . 

i He la Corte lìa un' Inferno, 

1 , Lo difeerno 

B o. J lenti ria ognor biafimr, 

Ch'ella (ìa un Paradiib, 
Lo ravvifo , 

Perch* ognun vi cerca entrar; 
i, Che rarfembri ben fi crede 
Paradifo a chi la vede , 
Che riefea ben li trova 
Un'Inferno a cui Li prova . 

Credo pur di parere 
Una bella figura ! 

La Corte fa , come fi può vedere , 
I coftu'in cambiar, velli , e natura. 
* Che la Corte fia tempclU 
Macifefta 

« 



mim 



4?L ATTO SECONDO. 

Il Nocchier, che'] mar folcò, 
Ch'ella fia tranquilla calma 
Spera ogni alma , 
Che 'n quell'onde non entrò; 
A chi guarda dolce pare 
Bella calma d'acque chiare; 
A chi dentro vi s'immerge, 
E' tenipeita, che fommeigc. 



FiN£ DELL'ATTO SECONDO. 







k 




47§ 



mwMàimi 

ATTO IIL 

SCENA PRIMA. 

Arpa li CO . 
ANTRO DI MELAMPO. 

AL meglio ch'ho faputo, 
Più prcfto, ch'ho potuto 
Son fuggito di Corte , 
E le fineftre mi Icrvir di porte-i 
Clic le due paz/erelle 
Mi vcftifler coìì , 
Pazienza , che quelle 
Infelici non fanno 
Quanto parlono, e fanno, 
Alban te mi tradì , 
E quel eh' importa pili 
Senza cibo mi tenne; o carità! 
Vanne Melarono , và , 
E fe vuoi farti Re, 
Non ti fervir di me ; 

Che non vogl' io nell' adempir tue brame , 
Col rifinir altrui morir di fame', 
i Per l'amico i partì fpenJer* , 
E la roba, e '1 tempo fpandere, 
Convenevole fi giudica, 
Ma fcluattar a fao proj troppo pregiudica , 

Ai 



474 



ATTO TERZO. 



t A! compagno a far fervizìo 
Fin che '1 fuo voler fia faiio 
Volentieri mi ci accomodo, 
Ma crepare a fuo conto è troppo feomodo 



SCENA SECONDA. 



In queft 'antro mi guida, al vero Inai 

TV un" immenfa Virtù fulgida ftanza? 
Arp, Oh f^en turato me ! 

Come qui giunfe il Re? 
Ire. Che vedo? o Dei , che vedo? 

Occhi riuei,fe vi credo, 

E come non lafciaiìe 

Di vedere il coitumc ? e che mirafteì 

Occhi perchè fedeli , 

A me troppo crudeli . 
Jtrp. Vuol fare il Re tra poco 

Della figliuola il giuoco. 
Tre, Entro fpoglie reati 

S' Ifianaflà fei , 

Più fdegnati gli Dei t'hanno anco tolto 
II bel leno, il bel volto i 
Dimmi fei tu ? fovra '1 gelato labro 
Reda mia voce immota . Arp. O quello gì 
Solennemente . Tre. Dimmi , 
Dimmi fei tu? Arp, Son'io. 

Pt T.ti i , non più , che '1 mio 
Soffietto non filli ; 
Tu fei pur ? Arp. Sono sì . 

Tre. O di colpa efetranda 
Fotmidabil vendetta! 
Chi fei? Arp. Jo fono- Tre. Afpetras 
Tu fei- Arp. Jo fon« Tre, Nò, nò- 




SCENA SECONDA. 4-75 
/tp. Nò fu . Pre. Sì , sì - Arp. Sì fia , 
Frc, La cara figlia mii . ' Aff. Oibò, oibo, 
I tre. Partami il ver,chi fci? Arp. Jo credo Arpalicu, 

Ma nel trovar citi fono, 

Ceno mi dice buono , 

Se fuor del fetninato anch'io non valico. 
Prt. Empio come rapidi 

I ricchi ammanti alla real Donzella ? 
Arp. O quella sì , eh' è bella ! 
Prc. Ma forfè da fe fteffa 

Se ne fpogliò , e i naturai decoro 

Senza prezzar , furente 

Scorre, il Ciel fa per dove; 

Se vuoi regnar clemente , 

La figlia, é'I genitor fulmina o Giove. 
Arp. Signor, fe ti piacene 

Cb' 10 la ftoria di ceffi: - P«. Taci , parti , 

Con tropp' avido rollio 

Fatto d' A verno incforabil moflro. 

Ad ognora 

Mi divora, 

Qual'io rivolga in te de' miei pe n fieri . 
Taci , pani . Arp. Gbedifco , e volentieri , 



SCENA TERZA. 



Riguardi me . 
1 Fera, che pafee 
Cicuta , e Aconito, 
Tigre , che nafee 
Nel fuol di Libia, 
Non fon crudeli 
Qiianto voi Cieli 




Preto . 

■Inconfolabile 
E Padre , c Re, 



Ceo- 



47* ATTO TERZO. 

Contro di me 
E Padre , e Re. 

SCENA QUARTA, 

Treto , Mtlawpo da fatte. 
» Tpv Fr gran vendetta, 

* Mortai faetta 
Mai non formarono, 
Qua! voi crudeli 
Vibrate , o Cieli 
Contro di me 
E Padre , e Rei 
Mei. O gran regnante Argìvo.Pff.E chi mi eh'iM 
Md. Teco parlar dovria 
Non la zampogna mia , 
Ma del Valor ta tromba, e della Fama. 
Tre. Da me più non lì cura 
Nobsl g;ido, aita vece, 
La vita mia dalli mia forte atroce 
Sarà colpita reeii , quanto più feura. 
Mei. Tu oafcefti agi' imperi , 
O coiteti , o feven 

Splendano gli Aftri,a te regnar conviei 
Di Sorte, 
Di Morte 

Ne 11' ira , tra l'ombre 
Vacilli , s' adombre 
So vi ino diadema , 
Ma e ih tigne ni non tema, 
Come del Sole i rai 
S' ed i libri sì, ina non fi fpengon mai. 
Tre. Entro folingo fpeco 

Chi ti fe sì prudente, e sì facondo? 
Mei. Il Mondo è (cuoia al Mondo, 

E negli eventi fuoi 

Egra 



SCENA ClUARTA. 47T 

V.' gran macftro a noi . 
tre. Chi fui porto alììfo vede 
Navigarne 
Naufragante 

Di tempi-Ita entro al periglio. 
Da bnran porge configlio; 
Ma fé mai per 1' onde varca 
La fui barca ad altro lido, 
Se rigor di vento infido 
Colle vele i remi frange 
Tace , e pi mge . 
liei, S'io fuffe quii tu fei , 
A me così direi : 
Del Tonante 
Onnipotente 
Se la mente 

Mi cito d' Argo regnante, 
Entro guerre, o in g-emoo a pace. 
Tra gli amori , o iru gli fdegttl , 
Quinto vuol, co, ne a lui piace 
Giufto fia cii'.o viva, e regni . 

P«. Sci tu forfè Melampo? 

te/. Quegli fon' io. Pre. O portentofo Alunno 
Dcliaviodi feiftglia! 11 primo lampo 
Della fercna'lucc , 

Che l'alme il vero a ritrovar conduce 

( Il cor mei predicea ) 

Da te forge r dovea ; 

Ma s* .ili t figh i volgo 

L'animo, e'I gu.tri.io, come 

Le nafeenti dolcezze a me ritolgo! 
te/. Anguiio cortefe 

Il Sol che s' accefe 

Stali' Etra ne dà ; 

Per l'ani tranquilla 

La face fcmtilla 

D' Amor , di 1-ictì. 
trt. E the fata ì 

UtU 



4 , t ATTO TERZO. 

Mei. Ri fonerà 

Tre. La furiofa 

Mei. L'amorofa 

rr? MiafigHa.M^.Miafpofa. 

Tr-r' Che ferito , o Dei ? 

Mil. Se Rege fci , 

j>e. bon Re. 

MeL Son Re . 

' di nfanar tua figlia , e Spofa, e Rigno. 

y r t. O me felice . 

titl. Sperar mi lice 

r»v. E the? Mf/. Rea] ventura. 

Yri Giuno temer mi fa. 

Affi, Apollo m* aflìcura . 

pre. E che farà? 

Jl#*£ Rifanerà 

■Prt, La furiofa 

Me/, L'amorofa 

IV* Mia figlia. Me?. Mia spofa. 

E che farà? 
jftl Mcjampo regnerà . 

SCENA (QUINTA. 

Vreto . 

N.Umì pietofi 
In dolce oblio 
Il dolor mio fommergafi , 
V alma di gioie afpcrgafi i 
Ter voi non più fdegnoiì 
Rullìi pictofi 
In dolce oblio 
11 di'Ioi mio fomraeigafi » 



SCEN A SESTA. 



47» 



SCENA SESTA. 

ìfianajìa , Argea . 

SALA NELLA VELLA REALE. 

ARgea , tìnve fon'io? 
Qual mi rifplende intorno 
Lucidi (fìino gioì no? 
Jrj-, Se dove io fon tu lei , 
Siamo predo agli Dei , 
Che'l piacer del mio feno 
Non è piacer terreno . 
ili Fu l'Inferno all'alma mia 
/rj. Doppia fiamma. Ifia. Atro furore, 
ii i Or divién cortefe- 4rg. Pia - 
|t. G i u no i rata . Arg . Infarto A more . 
■ $* Dir non fo come già vnìì , 
tty. So (he morte ogtior provai, 
u. Ebbi viti tra gli ahifi , 
te Ne! morir vita trovai , 
p. O cotue in un momento 

ti Vien piacere '} 0,10 affinno - 
il mio tormento. 
Con chi l'error fofptu , 
l di rado , e per poco il Ciel s'adira . 

SCENA SETTIMA. 
Melawfo . 

CAMPAGNA. 

T N carcere terreno 

| L'alma , i he chiofa ftj, 

l'erci.è imi non vien meno 
Bdel male , e del bea anaxu li fa . 

Al 



4 8* AT TO TERZO. 

x Al dolce augurio 
Sento che giubila, 
1 in mezzo al gaudio 
Fefteggia il coi . 
» Neil" alma placidi 

Gli farti efultario, 
per tempre eftmguefi 
Odio, C Furor. . . 

paté bando o miei penfien 
Al piti rigido timore , 
Se ne) Ceri giocondo il core 
Non v'è gioia, che non ipen. 

SCENA OTTAVA, 
Metewpo , Affatico* 

% »«'!;!»' ?U^U». »• »»« 

lfianaffa il liquore? 
». Allegra, ed. buon core 

Con Argea l' ingollo 
Mf? Più che bramar non ho, 
' Al Regno , al Regno , 
Sentomi tenere 
Al crin corone. 
A- h Al legno al legno, 
' Legno vuol eflerc , 
Ma fu '1 groppone . 
ftljt. Melampo viene , 

Bere acclamatelo. 
jjrp. tulli , catene 

Si retto legate» J 
lApl, L'arco d' Apollmc j 
li moftro vmfe i 



SCENA NONA. 4S1 

Giunone citante 
l'ira, l'orgoglio. 

Addio Selve, addio Monti, al Soglio, al Soglio.- 



SCENA NONA. 



ASpetti , almeno , afpetta 
CH'IO teco venga ; par lampò,ò factta, 
Si veloce fe'n corre ; ove mai quèfta, 
E come ha da lì 11 ire 

Gran frenefìa, che gli è faltata in tefta ? 
Ma s'egli impazzir deve; in quefto modo 
Cli' ci perda il fenno ini rallegro, e godo ; 
E' un dolce delirare 
■ Il creder di regnare . 
11 meftier di fare il Re 
Piacerebbe ancora a me. 
1 Comandare a tutte l'ore, 
Rflà qua , 
Torna là ; 
MelTer sì 
Vo cosi, 

Mi darebbe nell'umore. 

I Bella cofl il poter dire 
Preflò sii . 

Vii non più , 
Mingerò , 
Bf vero , 

Eaver pronto il quanto, e'1 che. 

II meftier di fare il Re 
Piacerebbe ancora a me . 



Arpallco , 




x 



SCE- 



4*i ATTO TERZO, 

SCENA DECIMA. 

Atlante . 

, »l mìo core comprender non fa 

I il contento ch'Amore gli die, 
M. sì mio Cove de credito a me , 
La fperama giocondo ti fa , 

» Quella fpeme , che morta languì, 
Sì mio Core più viva tornò, 
E qua! Sofà eh' al Verno manco, 
Sul!' Aprile più bella fiori . 

SCENA UNDECIMA. 

lfianajfa , Atlante, 

ARbante , io non ritrovo 
L'amato Genitore; 
Per dove il patto muovo, 
S* io no '1 vedo , è dolore . 
Ari. Portò fedel novella 

L'Araldo , che l'avvifo 
Per me gli die di tua fallite , in breve 
Ch'a noi ritorni „ e feco vien fefìofo 
Melami» il tuo Liberatore, e Spofo. 

II mio Signore , e Padre 
Saggio difpofe , ed io 
Gli diedi il voler mio . 

Arh. Quanto felice , n quanto 
Chiamar potrai rua forte , 
Se d' un* Uomo celefte , 
O d' un Nume terren ti fi confortei 
Ma parto ad incontrarlo. 



SCB. 



SCENA DUODECIMA. 4*0 



SCENA DUODECIMA . 

Jfianajìa . 



NìTtr^r mi fento in petto 
Oflequio , fede, c alfetto? 
i Gii vedo fplendcie 
Nella mia mente 
Foco lucente , 
Lo Cento accendere, 
Crefce ad ogn ' ora , 
Ma non divora ; 
E' foco che difeende 

Dal Giel, lungi dal Cieì eener fi rende, 
i Già panni giungere 
Sovra iè Sfere, 
D' almo piacere 
Mi Tento pungere , 
Ma U ferita 
Mi porta vita- 
Santo Amor i tuoi ftrali 
A infiammarmi di te rendi immortali. 



SCENA DECIMATERZA . 



Uln un punto lì formò , 
F. per lucido viaggio 
Dal mio Sole in me pafsù , 
E mentre crefce l'ini, l'altro vieti mene, 
E un Colo a par di due mi fplendc in fe.no. 
i Già provai per fiamma doppi* 
fiero Amor tua crudeltà, 




Ome in un punto , come 
Jo di Melampo al nome 



Argea. 

I due raggi un fola raggi» 



X * 



fi. 



4 S*4 ATTO TERZO. 

L'una all' altri or che s' accoppia 
Dolcemente acccfa fta ; 
Mentre l'ima l'arder dall'altra prende, 
• Più che due fochi un foco fol m' accende, 

SCENA DECIMAQU ARTA . 

Arbante j Argea . 

ARgea , fé mai credenza (aitante, 
Predar ti desini a chi t' è fervóL« 
Og^i deh non fia tolta (còla. 
A'miei configli. vf^.E' die vuoi dirmi. A^^Lt 
Opra fn di Melarwpo 
D'IflanalTa l'ecliffata mente 
Involale agli orrori 
De' fuoi ciechi furori ; 
Ei ria Re d'Argo, e coll'iftelTa forte 
Anco di lei conforte. 
Arg. Della real Donzella io pur non meno t>1 
Da' nembi di follia 
ScioUi l'anima mia , , . ' 

Ma non fo già per cuul virtude,o fona. 
Arb. In breve lo f.iprai . 
Arg. Ma' che dirmi vorrai ? 
Arb. Di due fiamme amorofc una ne fmoria, 
Arg. Del mio perduto fenno 
Fu colpa avere il core 
Perduto in doppio ardore.- 
Pregio di tua collana 
Sono 1 candidi affetti , 
Che mi ferbafti ,e fe fperar m'avanza, 
Spero da te perdono, 
Se cara più , qa.il'io già fui , ti fono. 
Arb. Alfe tue voci V alma 
Filggemi fuor del petto, 
Tu le porgi 'ricetto i a te feti viai;; 
Adoiate mie peite 



.; 



SCENA DECIMAQUINTA. 485 
Se torrenti di gioia in me verlatc, 
O mie pene sdorate . 

Ar%. Primavera i prati infiori, 

At\i.O l'Autunno uve maturi, 

A'g. O l'F.ihte 1 ca'Tmi induri, 

Arb. o l'Inverno i ghiacci induri. 

« 1 Sempre ° ^™ ftretta fia 
Coila tua l'anima mia . 

SCENA DECIMAQUINTA , 

Melampo , Arhants . 

Mei. |""^ I Delfo, o biondo Dio, 

E 1 Tu mi reggi ia mente, 
' Tu feorìgi il palio mio; 

Arbame eccomi a te . 
Ari. O Melampo , mio Re ! 
Usi. Non tant* oltre. Arb. Di Preto 

Gii regnante t'elegge 

lijviojalji] legge, alto decreto ; 

Rifanando fu a Bglia,al mondo infegtit, 

Ch'a fovraùa virtù fon premio 1 Regni. 
Mi!. Del dono eh' 10 ricevo, 

Mollo ad Arbante devo. 
Ari. Tutto devi a te Hello, c a me gran parte 

Vien di quanto poùledi , 

Se meco Amore il tuo goder comparte . 
Ntl. Grazie al Rettor del giorno, 

Grazie aila Dea di Samo . 
Ari). Qui in' attendi ; ora thiam» 

A te la bella Spota, 

Saggia quanto amorofa. 




X 5 SCE- 



4 W ATTO TERZO. 

SCENA DECI MAS ESTÀ. 
Melampa . 

Vieni Donna reale , 
Pregiati , che chiudevi 
Le fernbianze edeftì 
Entro falma mortale . 

Rimirando accolto in te 
Di bellezza, 
Di chiarezza 

Quanto il Sole al mondo die, 
D' Aquila il guardo 
Vantar potrò , ,. , 

Ma per entro al penfier cos» diro. 

Al rubino d'un labro ammirabile 
Vengono meno , 
E, rote , e porpore; 
Kon han pregio col petto adorabile 
"Le nevi candide . 

Di quelle pompe, che vii cojconors, 
Xi beli' Anima tua P m m'innamora. 

SCENA DECIMA SETTIMA. 
Ijtanajfa, Melando. 

A Te de' giorni miei 
Prefeivator cortefe , 
A te per cui placata oggi lucie 
la Diva degli Dei , 
E devoto, e lincerò , 
Offro '1 core, e 1 penderò. 
fSeì. Per te Donna fubhmc , 
' Mio ballo intendimento 
Con fo viano ardimento 
S'alzò dell'Etra alle più eccelle cime; 
Diede propaio Nume 



SCENA DECI MA SETTI MA. *tf 

Ai volo ed ale , c lume, 
Quella che 'n te difeefe 
Face chc'l ferino avviva, ivi s'accefe. 
Jjli. i Qi\t\ eh' a me viene 
Immenfo bene, 
Unico dono del Cielo fu ; 
Or mentre il prendo , 
Grazie ti rendo, 

S'a me Io manda per tua Virtù . 
itti, i D'almo favore 
Un 1 umil core 

Giove non rado miniftro fa t 
Se per me afeonde 
!>' erbe gioconde 



SCENA DECI MOTTA VA. 



Mei.impo alto portento ! 
Scemate il mio contento. 
Se volete ch'io viva , o Dei , bre v'ora 
Lafciaremi godere , e poi fi mora. 
lft. Padre, e quali , e quanti 
Per me fofpiii , e pianti 
Spargerti? a'piedi tuoi m'atterro. Tre. O ear» 
Parte di me, eh' a me più cara fei 
Quant'or cara agli Dei. 
Ut!. Devoto a te m'inchino, 
Se l'oprar uno t' è grato, 
Venne d' Apollo , egli la fe divino. 
hi. Te di mia figlia fpoio , 
Te del mio Regno erede, 
Nel più fulgido Cteio Aftro amorofo 
Alla Dea delle nozze unito diede. 



Nel verde grembo fua gran preti. 



htto , IJìanaJìa , Mdampo , Arbantc , Argtg. 




X 4 



MI. 



,S8 ATTO TERZO. 

Mt l Giorno per me sì grande _ 
£ con qual pietra fognerò già mai > 

ti Di tua V\ l ì l'illuftreranno i rat. 
Me l 1,1 Di tua beltà 
lfi*. A i cani amori , ed alla fc collante 

Venga premio condegno 

Argca fpofa d' Arbante . 
Mei. ror"tunato Imeneo. Fre. Nozze gradite. 
A r k D'eterno nodo in fegno 
jtrg. at Ecco le delire , e l'alme infieme uu 
p, s ' Molto ti devo Arbante. 
Mei. O mio caro compagno , o fido amico. 
Arb Da srazie immenfe , e tante 

' Rena oppreflo il cor mio , tace , e v'ado: 
Arg. Gradifci , o mia Signora 

Da una vii ferva inviolabil fede, 

E fien gl'imperi tuoi la fua mercede. 
Tre Sovrumane vicende ! 

E così breve il trapalTar fi rende 

Dal penare al gioire , 

Al viver dal morire? 
Mei. Che 1' Uomo in terra affliggali , 

£' configgo divi n , 

Onde di fue miferie 

Giunga più lieto al fin. 

Mei. 

J fi a - A chi l'apprende bene , e ben l'appK 
Prc «5 T e percoiTe del Ciel fpiran dokciu 
Arh. v 

yii Con dolce flagello 
Ci sferza cortefe 
Il Ciel che 5' orTefej 
S'a lui già ribello 
Ritornafi un core , 
peli' ire divine 
Si cangion le fpine 
In Rofc d' Amore . 

£ IHE- DEL DRAM A. 



IL RITORNO 

D* ULISSE 

COMPONIMENTO DRAMATICO 

RAPPRESENTATO 

NELLA SALA DEL V ALAZZO 
DEL SERENISSIMO 

GRANDVCA 
IN PISA 

PER FESTEGGIARE 
IL GIORNO NATALIZIO 
s DELLA SERENISSIMA 

GRANDVCHESSA 

VITTORIA 

DI TOSCANA.